Cronaca
21 Gen 2015

Morte per digiuno di Alain Roussé: si può vivere di aria e luce?

Una pazza australiana (e dico “pazza” anche se so che mi arriveranno insulti) di nome Jasmusheen, vive dal 1993 di “aria e luce” come dice lei. Due donne sono da poco morte in Svizzera e in Scozia per imitarla.

Invece Alain Roussé è morto  di FAME  in Piemonte, in Val Chiusella, sopra Issiglio ,durante un “digiuno di purificazione”. Come scrive Repubblica oggi, pochi tornanti diodo la casa dei Roussè, c’è una comunità di una dozzina di persone che vivono in tende e roulotte senza acqua né luce perché hanno deciso di “abbandonare tutte le pene che ci impone la società e tornare a stile di vita vicino ai reali bisogni dell’uomo”.

 

la luce del bosco

La luce del bosco Foto tratta da internet

 

Ovviamente, ciascuno è libero di fare le sue scelte, finché non diventano un danno per gli altri. E provo compassione per Roussè, che certo non voleva morire. Ma credo che si debba avere il coraggio di dire che anche “la purezza” è un prodotto di marketing: quanto il consumismo che vorrebbe combattere.

Il mito della “purificazione del corpo per purificare l’anima” è fatto di ideologi, testi, propaganda. Si incrocia con versioni a pagamento in spa di lusso (una,celebre,in Germania, cede  21 giorni di permanenza una volta all’anno e offre digiuni assistesti al prezzo di oltre 20.000 euro).

Ha radici culturali profonde in Occidente, dagli Stiliti che vivevano in cima a una colonna ai Profeti, ai padri predicatori, agli eremiti. Ha qualche sostenitore con competenze scientifiche, ma nella variante “Sei quello che mangi, evita cibi industriali e grassi saturi”. Ha prodotto il proselitismo dei Vegani  (e il libro e il film sul bambino Indaco, il povero bambino che la madre considera “speciale” e che nutre di bacche dei boschi come fosse un uccellino).

Ma secondo me, preso alla lettera, è una idiozia. O forse è più di tutto una VIA DI FUGA: dalla responsabilità di aver cura del nostro corpo che è sacro ,rispettandolo per come è stato creato.

Cosa ne pensi tu?


Di Antonella Boralevi
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